La Divina Duse – Una grande attrice celebre nei secoli
Si celebra quest'anno il centanario dalla sua morte
Nel centenario della sua morte, Eleonora Duse continua a essere celebrata non solo come un’icona del teatro italiano, ma come un fenomeno che ha travalicato confini linguistici e culturali. La sua recitazione, fatta di silenzi, sguardi e gesti, parlava direttamente all’anima del pubblico, riuscendo a emozionare ovunque, dal Cairo a Mosca. Come scrisse il drammaturgo russo Anton Čechov, pur non conoscendo l’italiano, la Duse riusciva a trasmettere ogni emozione con una forza che superava le parole.
La sua arte segnò una vera rivoluzione, con una recitazione priva di artifici, lontana dalla teatralità ottocentesca, che rompeva con le convenzioni del tempo. Eleonora non recitava, ma incarnava i suoi personaggi, e il pubblico percepiva questa intensità emotiva. La sua interpretazione di La signora delle camelie, ad esempio, conquistò il pubblico egiziano senza bisogno di comprendere il linguaggio, attraverso una comunicazione universale.
In Russia, Eleonora Duse fu adorata come una messaggera dell’anima, capace di trasmettere la tragedia universale dell’amore e della sofferenza. A Mosca, la sua interpretazione di Francesca da Rimini fu particolarmente apprezzata. La sua influenza si estese anche al teatro russo, dove divenne una figura ispiratrice per il giovane Konstantin Stanislavskij, che la considerava un modello insuperato. La sua capacità di recitare in italiano, pur essendo una lingua straniera per molti spettatori, non fu mai un ostacolo, grazie alla forza del suo corpo e della sua empatia.
Eleonora Duse si legò profondamente alla letteratura russa, leggendo autori come Čechov, Tolstoj e Dostoevskij, e portò in scena il dramma sociale di Maksim Gor’kij. Le sue interpretazioni non erano mai semplici rappresentazioni, ma vere e proprie esplorazioni dell’anima, che parlavano a tutti, indipendentemente dalla lingua.
In occasione del centenario della morte di Eleonora Duse, l’Istituto Italiano di Cultura di Mosca ha allestito la mostra “Eleonora Duse. 1858-1924”, con pannelli e fotografie che raccontavano la sua vita, grazie al materiale fornito dalla Fondazione Cini di Venezia. In parallelo, è stata presentata un’altra esposizione dedicata alla sua connessione con la moda del suo tempo, poiché Duse non fu solo una grande attrice, ma anche un’icona di stile. Il Museo Civico di Asolo ha reso omaggio a questa sua dimensione esponendo abiti d’epoca straordinari, come il raffinato abito da sera nero di Maison Redfern o l’abito aquamarina firmato da Charles Worth, tra i vari capolavori che riflettevano l’eleganza che Duse portava anche nei suoi costumi di scena.
I suoi abiti non solo incarnavano la moda del XIX e XX secolo, ma anche la sua personalità distintiva, contribuendo a definire la sua immagine pubblica come una figura di raffinata bellezza, portatrice di un’arte che superava la semplice recitazione. Eleonora interpretava personaggi moderni e drammatici con costumi che seguivano le tendenze più in voga, diventando simbolo della trasformazione della moda e della cultura del suo tempo.
Eleonora Duse ha rivoluzionato il teatro, portando sul palcoscenico una recitazione che cercava la verità assoluta, lontana dalle esagerazioni dell’epoca. Il suo approccio empatico e la capacità di comunicare con il corpo e l’anima le hanno permesso di connettersi profondamente con il pubblico, creando un legame che andava oltre la parola. La sua arte, come la sua vita, è stata intrisa di intensità emotiva, facendo di lei un’icona non solo in Italia, ma in tutto il mondo.
Il legame di Eleonora con la cultura russa, come con quella di altri paesi, testimoniava la sua universalità. Non solo nei teatri, ma anche nella sua vita privata, la Duse ha vissuto amori tormentati, tra cui quelli con Martino Cafiero, Arrigo Boito e soprattutto Gabriele D’Annunzio. La relazione con quest’ultimo fu complessa e passionalmente dolorosa, ma anche la fonte di un’intensa produzione artistica. D’Annunzio la descrisse in Il Fuoco con il nome di Foscarina, suscitando grande scalpore e lasciando un segno profondo nella sua vita. Nonostante la fine tumultuosa del loro rapporto, il loro amore divenne leggenda.
Durante la Prima Guerra Mondiale, Eleonora Duse si impegnò nel sociale, portando la sua arte a sostegno dei soldati italiani, convinta che l’arte potesse guarire le ferite più profonde dell’anima. Il suo impegno civile dimostrava ancora una volta il suo legame profondo con l’umanità.
L’eredità di Eleonora Duse è senza tempo. La sua arte, universalmente riconosciuta, ha continuato a influenzare generazioni di attori e registi. Considerata la Divina, ha incarnato l’essenza dell’arte teatrale, riuscendo a trasmettere emozioni universali. Il suo impegno a favore delle attrici e la creazione della Casa delle Attrici nel 1914, un progetto rivoluzionario per il supporto delle donne nel teatro, è la prova di quanto la Duse fosse una donna capace di cambiare il mondo non solo con la sua arte, ma anche con la sua solidarietà.
Nel 1909, Eleonora Duse decise di fare una pausa dal palcoscenico, una scelta che sorprese e stupì molti. Non si trattò di una ritirata definitiva, ma di un periodo di riflessione e perfezionamento, un momento cruciale per la sua carriera, che segnò una nuova fase della sua arte. Quando tornò, lo fece con una consapevolezza nuova, scegliendo con cura le opere da interpretare e selezionando registi, scenografi e stilisti che fossero in grado di rispecchiare la sua visione artistica. Accanto a lei, collaborarono i migliori stilisti parigini, creando abiti che divennero altrettanto celebri quanto le sue interpretazioni. Ogni dettaglio, dalla scenografia ai costumi, faceva parte di un progetto unitario volto alla perfezione, un’arte capace di toccare le corde più intime del pubblico. I suoi abiti, mai ostentati ma sempre impeccabili, la trasformavano in una figura quasi mitologica, un’interpretazione viva della perfezione estetica che solo una grande artista come lei poteva incarnare.
Nel 1921, per il suo ritorno sulle scene, Eleonora scelse di collaborare con la talentuosa e anticonformista artista russa Natalja Gončarova (1881-1962). La Gončarova, che lavorò gratuitamente e con grande passione per Duse, contribuì alla realizzazione delle scenografie di La Signora del Mare di Ibsen, un successo trionfale al debutto il 5 maggio 1921 a Torino. Sebbene un altro progetto, John Gabriel Borkman di Ibsen, non venne mai messo in scena, l’impegno delle due donne rimase un esempio della visione di teatro totalizzante di Eleonora Duse. Per lei, ogni aspetto del palcoscenico doveva raccontare la stessa storia, con un’armonia perfetta tra recitazione e scenografia.
Uno dei luoghi che Eleonora Duse amò di più fu Asolo, un pittoresco borgo veneto che divenne il suo rifugio spirituale negli ultimi anni della sua vita. Eleonora giunse ad Asolo nel 1892 e se ne innamorò perdutamente, scegliendo questa cittadina come il centro della sua vita privata. Nel 1919 acquistò una casa che divenne la sua dimora definitiva.
In una visita a un amico nel 1919, Eleonora disse: «Amo Asolo perché è bello e tranquillo, paesetto di merletti e poesie, non lontano dalla Venezia che adoro, dove vivono gli amici che amo, tra il Grappa e il Montello. Questo sarà il rifugio per la mia vecchiaia, e qui desidero essere seppellita».
Asolo rappresentava per lei un luogo di pace, lontano dalla frenesia del teatro, dove potersi ritirare per riflettere sulla vita e sull’arte. Il Monte Grappa, che descriveva come un «altare», divenne il simbolo di questa serenità, un luogo di profonda gratitudine e tranquillità.
Nel 1934, la Casa Duse di Asolo fu venduta per beneficenza, ma il legame di Eleonora con il borgo restò intatto. Sua figlia Enrichetta si prese cura della casa fino a venderla, contribuendo a un progetto educativo, continuando così l’eredità di sua madre e lasciando un segno tangibile nella comunità.
Nonostante le tragedie personali e le difficoltà della vita, Eleonora Duse non smise mai di credere nel potere trasformativo dell’arte. La sua vita, i suoi amori, e la sua dedizione al teatro sono testimonianze di come il dolore e la bellezza possano convivere. La sua arte non solo ha toccato il cuore dei suoi contemporanei, ma continua a ispirare come simbolo universale della capacità dell’arte di superare ogni confine e parlare direttamente all’anima degli spettatori, ovunque si trovino.