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Editoriale – Egitto, il ruolo della diplomazia

Chiara Cavalieri  

(*presidente associazione italo-egiziana Eridanus)

(Assadakah News )

 La diplomazia egiziana ha svolto un ruolo cruciale nella geopolitica del Medio Oriente, particolarmente nei rapporti con potenze come Mosca e Washington, oltre a svolgere una funzione centrale nella questione israelo-palestinese e nelle relazioni con la Turchia. Questo articolo esplorerà i principali successi della diplomazia egiziana nel corso degli anni, evidenziando il suo impegno storico verso la Palestina.

Relazioni con Mosca e Washington

Negli anni ’50 e ’60, l’Egitto, sotto la guida di Gamal Abdel Nasser, ha cercato di bilanciare le sue relazioni tra l’Occidente e l’Unione Sovietica. Nasser ha adottato una politica di non allineamento, allontanandosi dall’influenza coloniale occidentale e cercando sostegno da Mosca. Questo approccio ha portato al rafforzamento dei legami tra l’Egitto e l’URSS, con importanti collaborazioni in ambito militare e infrastrutturale. Tuttavia, il cambiamento è arrivato con la firma degli Accordi di Camp David nel 1978, durante la presidenza di Anwar Sadat. Questi accordi, mediati dagli Stati Uniti, hanno portato alla prima pace tra un paese arabo e Israele, un successo diplomatico che ha aperto la strada a un maggiore sostegno americano all’Egitto, culminando nell’assistenza militare e nello sviluppo economico. La relazione con Washington è diventata una pietra miliare della politica estera egiziana, contribuendo alla stabilità interna ed esterna del paese.

La Questione Palestinese

L’impegno dell’Egitto verso la Palestina è storicamente significativo. Dopo la creazione di Israele nel 1948, l’Egitto ha bocciato l’occupazione israeliana e ha sostenuto i diritti dei palestinesi. Nel corso degli anni, il governo egiziano ha mediato numerose volte tra le fazioni palestinesi e Israele, cercando di trovare una soluzione duratura al conflitto.

Un passo importante è stato il ruolo dell’Egitto nel monitoraggio degli accordi di Oslo negli anni ’90, dove ha facilitato i dialoghi tra l’OLP e Israele. Nel 2005, l’Egitto ha partecipato attivamente al processo di pacificazione di Gaza, affrontando la crescente tensione tra Hamas e Fatah e cercando di promuovere l’unità palestinese.

L’Egitto ha continuato a svolgere un ruolo di mediatore nei conflitti tra Israele e Hamas, dimostrando la sua importanza come attore strategico nel tentativo di mantenere la stabilità nella regione, nonostante le sfide globali.

L’aiuto diffuso, insieme al suo controllo su Rafah, l’unico valico di frontiera di Gaza che bypassa Israele, dà all’Egitto una leva su Hamas, che governa Gaza dal 2007. L’Egitto si è unito a Israele nell’imporre un blocco sul territorio dopo la presa di potere di Hamas, ma entrambi i paesi avevano fatto dei passi per allentare le restrizioni, riconoscendo tacitamente il dominio di Hamas sull’area. L’ Egitto, prima del 7 ottobre, aveva investito 500 milioni di dollari per ricostruire il territorio della Striscia, e aveva sovvenzionato la costruzione di tre città che avrebbero ospitato circa 300.000 residenti, oltre a lavori per ammodernare la principale strada costiera di Gaza. Nove aziende palestinesi avevano preso parte ai progetti egiziani, che avrebbero generato circa 16.000 posti di lavoro.

Ditte egiziane avevano anche aperto un ufficio in un hotel di Gaza City per i rappresentanti tecnici permanenti. Bandiere egiziane e striscioni di aziende egiziane sventolavano in cima a bulldozer, camion e pali della luce. Cinque giorni alla settimana, camion egiziani pieni di materiali da costruzione entrano a Gaza attraverso il valico di Rafah, fino all’ attacco da parte di Hamas, Diluvio di Al-Aqsa nei confronti di Israele.

Rapporti con la Turchia

Le relazioni tra Egitto e Turchia hanno vissuto alti e bassi, in particolare dopo la rivolta del 2011 in Egitto. La Turchia, sotto il governo di Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di espandere la propria influenza nel mondo arabo e ha sostenuto i Fratelli Musulmani, un movimento di matrice terroristica fondato in Egitto negli anni 20 fortemente osteggiato dal governo di Abdel Fattah El-Sisi. Tuttavia, negli ultimi anni, ci sono stati segnali di riavvicinamento tra i due paesi, con sforzi per riavviare il dialogo diplomatico e la cooperazione economica, evidenziando il valore strategico dell’Egitto nel contesto regionale, culminati nella storica visita del Presidente Erdoğan al Cairo il 14 febbraio 2024.

Sia il Cairo che Ankara si oppongono alle proposte politiche israeliane e alle azioni militari aggressive che cercano di eliminare la causa palestinese sfollando forzatamente il popolo palestinese. Si presentano anche opportunità per il Cairo e Ankara di gestire congiuntamente diverse questioni, tra cui quelle relative ai prigionieri e ai detenuti e all’ingresso degli aiuti umanitari. Inoltre, le prospettive allineate del Cairo e di Ankara nell’opporsi all’occupazione israeliana della Striscia di Gaza e l’imperativo di raggiungere la riconciliazione israelo-palestinese come prerequisito per riprendere il processo di pace in Medio Oriente possono fungere da significativo sostegno per le iniziative egiziane riguardanti la causa palestinese all’interno dei circoli politici occidentali, data l’appartenenza di Ankara alla NATO, i legami strategici con gli Stati Uniti (il principale garante globale del processo di pace in Medio Oriente) e le linee di comunicazione aperte con tutte le fazioni palestinesi. Inoltre, gli ampi rischi per la sicurezza derivanti dall’escalation del conflitto e dalla sua evoluzione in un confronto regionale globale, insieme alla congiuntura critica nelle relazioni dei due paesi con Israele, li spingono a impegnarsi nel coordinamento regionale e ad affrontare congiuntamente le minacce condivise.

Vero è che l’Egitto si configura nel conflitto in Medio Oriente,  come mediatore più affidabile dato lo sbilanciamento della posizione (e conseguenti dichiarazioni) del Presidente Erdoğan verso la Palestina.

Rafforzamento della cooperazione tecnologica e di difesa: la diplomazia dei droni è evidentemente emersa come uno strumento di spicco nella politica estera turca, contribuendo ad aumentare l’influenza e ad acquisire prestigio. Circa trenta paesi, tra cui paesi del Medio Oriente come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e altri, hanno espresso interesse nell’acquisire droni turchi Bayraktar TB2, oltre ad altri modelli tra cui Bayraktar Akıncı e Bayraktar Kızılelma. Questo interesse deriva dall’efficacia e dalla capacità dei droni turchi di far deragliare i conflitti in diverse arene, tra cui Siria, Libia, Ucraina, Nagorno-Karabakh e altri. Il Cairo emerge come un mercato redditizio per l’industria turca dei droni, poiché Ankara ha accettato di fornire droni da combattimento e altre sofisticate tecnologie di difesa all’Egitto, come affermato dall’ambasciatore turco al Cairo, Salih Mutlu Şen, pochi giorni prima della visita di Erdogan. Ciò indica che negli ultimi mesi c’è stata una comunicazione continua e senza restrizioni tra i due Paesi, che ha consentito lo scambio di richieste e prospettive diverse riguardo ai rispettivi interessi.

In conclusione, la diplomazia egiziana ha avuto un impatto significativo nel modellare la geopolitica del Medio Oriente. Dalla sua capacità di navigare tra le potenze globali come Mosca e Washington, all’impegno nei conflitti palestinesi e ai rapporti complessi con la Turchia, l’Egitto si è affermato come un attore chiave. Il continuo interesse del paese per la causa palestinese e la mediazione nei conflitti della regione sono segni del suo ruolo indispensabile per la pace e la stabilità nel Medio Oriente. Questi successi e sfide continueranno a definire il futuro della diplomazia egiziana negli anni a venire.

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